La speranza quale approccio?

Incontro di presentazione della rassegna.

Intervengono:
DOTT . LUCIANO ORSI
Direttore della Struttura Cure Palliative dell’AO Poma

DON PAOLO GIBELLI
Vicario pastorale per il rapporto con il territorio

A seguire: film in anteprima

Ecco il testo dell’intervento di apertura di don Paolo Gibelli, è denso di riflessioni che meritano senza dubbio un’attenta rilettura, grazie di cuore a lui e al dott. Luciano Orsi per il loro contributo.
Attendiamo i vostri commenti. Paolo Breviglieri

La Speranza: un approccio cristiano

  1. La speranza è anzitutto una sfida oggi per tutti gli uomini e le donne e quindi anche per la Chiesa, in rapporto al tempo che viviamo. “Il tempo della speranza è animato dall’avvenire, dal futuro nel quale il passato e il presente rifluiscono senza discontinuità” (Borgna). Oggi il futuro ha mutato di segno: non è più equivalente di promessa, ma di minaccia, non produce speranza ma paura, non genera progettualità, ma angoscia e ripiegamento su di sé. Viviamo un tempo di “passioni tristi”. Il mito messianico della speranza in un futuro migliore è crollato, lasciando il posto al vincente mito di Narciso: ciò che è impossibile a Narciso è l’attesa, lo slancio responsabile verso il futuro. Se l’autentica speranza è incentrata sul “noi” e non sull’ “ego”, se è storica e non intimistica, se è relazione che impegna e rende responsabili per l’edificazione di un processo di comunione solidale, come alimentarla in tempi di marcato individualismo, di ipertrofia dell’ “io”?
  2. Il “paradosso” della speranza cristiana. La Scrittura attesta che proprio i momenti storici più oscuri e difficili hanno costituito l’alveo di incubazione di speranze audaci (vedi l’esilio babilonese per il popolo di Israele, la persecuzione dei cristiani da parte del regime imperiale romano, da cui è nato il libro dell’Apocalisse). La sfida, la difficoltà della speranza non è però solo epocale, legata ad un dato momento storico, ma è strutturale, inerente al carattere paradossale della speranza cristiana. Due testi del Nuovo Testamento lo mostrano con chiarezza: il primo è Luca 24,21 e seguenti. I due discepoli di Emmaus diventeranno testimoni del Risorto solo passando attraverso l’elaborazione del lutto per la perdita delle speranze riduttive che nutrivano verso Gesù ( “Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele”). La speranza del Risorto nasce paradossalmente dal vuoto di un sepolcro, dal luogo di morte di altre speranze illusorie. E la morte della speranza li rende incapaci di vedere, di riconoscere Gesù risorto, vivente accanto a loro, presente sul loro cammino. Il secondo si trova nella prima lettera di Pietro, una catechesi battesimale indirizzata alle piccole comunità cristiana sparse nella diaspora tra i pagani: “Adorate il Signore, Cristo nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Coloro che chiedo conto, chiedono anche a noi cristiani anche un “racconto” della speranza nei gesti concreti della vita. Chiamati a rispondere della nostra speranza: ecco la nostra responsabilità davanti agli uomini e alle donne di oggi e di sempre.
  3. Alcuni testimoni della speranza. Il XX secolo è stato un secolo di testimoni della speranza che hanno saputo abitare veri e propri “inferni” storici ed esistenziali (le guerre, la shoà, i gulag, i regimi totalitari…). Etty Hillesum, ragazza ebrea olandese internata nel campo di transito di Westerbork, da cui gli ebrei olandesi venivano spediti ad Auschwitz. Nella permanenza presso il campo si dedica alla vicinanza e al sostegno dei deportati, vuole aiutare Dio ad infondere loro fiducia e speranza e, quando sente venir meno le forze, si ritira nella sua baracca, sotto le coperte e nel buoi e nel silenzio si affida a Dio chiedendo la forza di sostenere i suoi fratelli. Morirà ad Auschwitz nel novembre del 1943. Dietrich Bonhoeffer, pastore luterano arrestato ed internato nei campi di concentramento perché in forza della fede cristiana, si era opposto al regime nazista. Dal carcere di Tegel scrive lettere e riflessioni raccolte in un testo dal titolo “Resistenza e resa”. La speranza cristiana ci dà la forza di resistere al male, all’ingiustizia, alla menzogna e insieme ci conduce ad arrenderci non al male, ma al disegno misterioso dell’amore di Dio. Morirà anch’egli, vittima del regime di Hitler. Silvano dell’Athos, monaco ortodosso fortemente tentato di cadere nella disperazione nella solitudine della sua cella a causa delle tentazioni che lo assalgono. Nel crogiuolo della lotta sente una voce nel cuore che gli dice: “Mantieni la tua anima agli inferi e no disperare!”. Questi testimoni hanno vissuto ciò che la Scrittura afferma riguardo ad Abramo, che “sperò contro ogni speranza” e di Giobbe che dice riguardo a Dio: “Anche se mi uccidesse, io spererò in Lui”.
Don Paolo Gibelli




1 commento:

  1. Ho trattenuto questo messaggio dall'intervento del dott. Luciano Orsi.
    La speranza umana, cioè quella che non deriva da una relazione col trascendente, esiste e si concretizza nella trasmissione di valori legati alla convivenza: infatti essi hanno senso e significato indipendentemente dal contesto e dal patrimonio culturale di ciascuno.
    Due sono le conseguenze che ci ha tenuto a sottolineare: la prima è che si riscontra nell’animo umano la tensione di lasciare il mondo migliore di come lo si è trovato (cfr. il filosofo Heidegger) ; la seconda è che è necessario essere tolleranti con il pensiero e l’etica altrui poichè la verità assoluta non esiste e il confronto tra le verità personali porta a ricchezza, vivacità ed energia, anche se al costo di fatica, dubbio, incertezze..
    Suggestivo il finale con la proposta del pensiero del sufi Rumi: "La Verità è uno specchio caduto dalle mani di Dio e andato in frantumi. Ognuno ne raccoglie un frammento e sostiene che lì è racchiusa tutta la Verità": ognuno col suo pezzetto messo a disposizione degli altri contribuisce a ricostruire la Verità e a dare ali alla speranza.

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