"Il giovane favoloso"

di Mario Martone. Con Elio Germno, Massimo Popolizio, Isabella Ragonese. Italia 2014. 137’



«Affrontare la vita di Leopardi significa svelare un uomo libero di pensiero, ironico e socialmente spregiudicato, un ribelle, per questa ragione spesso emarginato dalla società ottocentesca nelle sue varie forme, un poeta che va sottratto una volta e per tutte alla visione retorica che lo dipinge afflitto e triste perché malato. Il giovane favoloso vuole essere la storia di un’anima, che ho provato a raccontare, con tutta libertà, con gli strumenti del cinema.»

MARTEDì 25 NOVEMBRE 2014

1 commento:

  1. Bello, bello, bello: il film mi ha molto preso e portato a vedere dal di dentro la vita di un grande della letteratura nelle sue sofferenze e nella genesi psicologica della sua visione del mondo. Ciò che mi ha colpito è innanzi tutto il realismo con cui è stata rappresentato il clima affettivo della sua giovinezza: asfissiante, fredda, repressiva. Nella sua fuga e nel suo bisogno di libertà, Leopardi viene rappresentato come un giovane che con coraggio e forza di opposizione di scontra contro la famiglia, le tradizioni del suo ambiente, e nella precarietà affronta una vita quasi errabonda e contro corrente. I pezzi di musica rock che accompagnano questi momenti mi sembra richiamino proprio la modernità delle sue scelte e della sua ribellione. Ma l’aspetto che accompagna e cresce progressivamente nel film è la dimensione della sofferenza fisica e della disabilità del poeta. Se come credo, è realistica la ricostruzione nel film delle condizioni di vita di Leopardi, questi non va considerato solo una persona sgraziata sul piano estetico, ma soprattutto come un disabile che ha portato su di sé il peso fin dalla giovinezza di gravi e crescenti limitazioni (mi ha colpito la scena in cui Giacomo non riesce più a fare le scale e viene portato in braccio dall’amico Ranieri). Collocare in questa condizione esistenziale il suo pensiero mi ha permesso di coglierne meglio il suo coraggio, la sua determinazione, la sua tensione verso una verità che rifiuta ogni facile soluzione consolatoria.
    Certamente Leopardi non ha la speranza in qualcosa di positivo e di trascendente, tuttavia egli si interroga sulla realtà; con lucidità riconosce come l’uomo nel creato non è al centro ma una piccola parte di un infinito cosmico che lo sovrasta. Di fronte a questa immensità egli non suggerisce sentimenti di angoscia o di disperazione ma si abbandona ad essa in un “naufragare” che è dolce e invita tutti gli uomini nella loro fragilità a stringersi solidali per far fronte ad una natura che non è né provvidenziale, né malvagia ma semplicemente indifferente alle sorti umane.

    RispondiElimina